I DISTRETTI INDUSTRIALI: ELEMENTI FONDAMENTALI E STRUTTURE

LE CONFIGURAZIONI DISTRETTUALI

Ai fini dell'analisi effettuata nel seguito del lavoro di tesi, questo paragrafo assume un'importanza fondamentale, perché dalla configurazione dei Distretti è possibile comprendere la situazione attuale ed intuire in quale maniera si può ottenere un rilancio dei DI, e quale tipo di sistema di supporto alle decisioni si adatta a ciascuna tipologia.
Solo conoscendo il passato è possibile comprendere il futuro.
E' possibile identificare tre configurazioni di Distretti:

Nel primo caso il Distretto è caratterizzato come "sistema integrato", in cui c'è l'agglomerazione di PMI altamente specializzate in un processo od in più fasi di esso, ed una o più hub firms, ovvero aziende che hanno una posizione focale all'interno dell'indotto. Le imprese hub generalmente sono di dimensione più grande e producono il prodotto finale che uscirà dal Distretto stesso; per questo hanno anche sviluppato una certa interazione con l'esterno ed hanno diretto accesso al mercato finale.

Nel secondo caso, il DI è composto da diversi sub-fornitori di una o più imprese leader che hanno dimensioni rilevanti (ad esempio Natuzzi seguito da Calia e Nicoletti nel Distretto di Altamura-MT). E' l'impresa leader che adotta le strategie di crescita più rilevanti, e tende ad "internalizzare" competenze che prima erano di altre imprese più piccole e che per esigenze competitive tende a fagocitare tramite acquisizioni ed investimenti rilevanti per il Distretto. E' ovvio che l'interfaccia tra Distretto ed esterno è tenuto dall'impresa leader o comunque da imprese in stretto contatto con quella guida.

Nell'ultimo caso preso in considerazione, la configurazione del Distretto è caratterizzata dalla formazione di organizzazioni, consorzi, spesso promossi da istituzioni pubbliche, che provvedono a seguire il Distretto fornendo consulenza, in campi quali certificazione ISO, training professionale, sviluppo prodotti, ed altri servizi.
In molti casi il consorzio seleziona, compra i materiali grezzi od i componenti per le imprese distrettuali, cerca nuovi clienti; in questo caso di DI è il metamanagement a fare da interfaccia con l'esterno.

L'ORGANIZZAZIONE DEL PROCESSO PRODUTTIVO

Una volta identificati i ruoli delle imprese nella filiera distrettuale e visualizzate le configurazioni dei principali Distretti Italiani, è necessario comprendere come si struttura il processo produttivo, e come risultano suddivise le varie fasi della lavorazione del prodotto.

L'efficienza della produzione dei Distretti è riconducibile in parte all'elevata divisione del lavoro, la quale, grazie alla fitta rete di rapporti inter-organizzativi, consente alle singole imprese di massimizzare l'uso degli impianti, di dar luogo ad economie di scala, di specializzare la forza lavoro e conseguire così elevati rendimenti dalla stessa.

I processi produttivi vengono scomposti in più fasi che risultano spazialmente e temporalmente realizzabili in modo separato.


La concorrenza si sviluppa fra imprese uguali, cioè imprese che lavorano lo stesso prodotto e svolgono la medesima attività.
Questa contribuisce a conferire al sistema uno spiccato dinamismo, infatti le imprese sono stimolate a ricercare e adottare le soluzioni produttive meno costose, impegnandosi generalmente in una modesta ma proficua attività di ricerca di nuove soluzioni innovativi.

I rapporti di cooperazione risultano invece dalla complementarità esistente fra unità che si situano a livelli diversi del ciclo produttivo (imprese committenti e sub - fornitrici). Gli effetti positivi dei rapporti di cooperazione si estrinsecano in molte direzioni.
In primo luogo la cooperazione permette alle imprese di godere delle economie esterne connesse alla dimensione complessiva del Distretto. Ma soprattutto assicura un'efficace attività di coordinamento, il che è estremamente importante dato il carattere frazionato del processo.

Inoltre i Distretti, in virtù della divisione della produzione tra più soggetti autonomi, sono in grado di adeguare rapidamente l'offerta, sul piano quantitativo e qualitativo, alle variazioni quali-quantitative della domanda finale. L'adattabilità è in particolare il risultato di due proprietà della struttura produttiva distrettuale: l' elasticità (variazione del volume di produzione) e la flessibilità (variazione del mix produttivo).

 


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